Cosa ho praticato e metabolizzato?
1. Come persona sono pronto a trasmettere, insegnare una materia nella sua completezza e integrità? Quali sono i miei fini e i miei interessi nell’ insegnare? A chi è rivolto il mio insegnamento? Quali sono le mie capacità effettive di istruttore?
Per rispondere ho provato a porre dei limiti alla mia pratica.
Ad esempio cerco di attenermi a quello che so spiegare e che riuscirei a trasmettere ad una ipotetica classe di allievi e mi accorgo che molto facilmente mi rivolgo ai seguenti due gruppi:
– qualcuno con pressapoco le mie capacità
– persone con buona agilità o che praticano arti marziali
– principianti già interessati allo Yoga
Faccio fatica ad immaginare come destinatari:
– anziani
– bambini irrequieti
– body builders
– donne petulanti
– persone ignoranti o contrarie allo yoga
quindi riconosco la difficoltà nel trasmettere un insegnamento ad un interlocutore qualunque.
Inoltre ecco un esperimento di comunicazione che faccio ultimamente:
mentre sento qualcuno che parla
– del proprio movimento
– del proprio corpo
– dei propri acciacchi
– della propria digestione o sbornia
gli chiedo di considerare se vorrebbe affrontare la stessa situazione in un’altra maniera.. e verifico se io sono in grado di trasmettere questo vantaggio semplice al mio interlocutore.
Devo ammettere che i risultati sono stati sconfortanti.
Tutti sono molto più disposti a confermare il proprio modo di fare piuttosto che a provare a ricostruire il proprio giudizio dalle fondamenta.
Sembra che sia necessario mettere a proprio agio l’interlocutore forse anche ammaliandolo, per trovare aperto un canale di ascolto.
2. quali pratiche o tecniche di Yoga sono in grado di insegnare? Quali tecniche posso insegnare a dei principianti, a degli intermedi, fino a che livello mi sento titolato ad essere istruttore?
Ecco comunque le aree che considero come punto di riferimento nell’insegnamento, che mi hanno modificato in prima persona e su cui mi sento di fare ‘affidamento’. Si legga la seguente lista come ‘le cose che vorrei trasmettere durante le lezioni’
la fisicità dello yoga: la completa rasserenazione della mente e l’intenso senso di benessere fisico dopo una pratica di yoga;
la provvidenza del respiro: come il respiro può portare alla rimozione delle tensioni fisiche, dei blocchi emotivi, degli stati di confusione, protezione contro la paura e la sfrontatezza, ricerca dell’equilibrio e della concentrazione, respiro come presupposto al rilassamento fisico e alla gestione del dolore;
la consapevolezza del corpo: la capacità di intercettare le parti del corpo coinvolte in una posizione, come selezionare ed usare le parti, effetuare il minimo sforzo;
la percezione dei progressi: ciò che è reale è possibile, la percezione dei limiti e dei benefici.
Infine potrei insegnare ai miei corsi il saluto al sole in tutte le varianti esistenti.
2.1 meditazione:
attualmente sono ancora alla ricerca di ciò che posso imparare, più che ciò che posso insegnare.
Sono decisamente da sempre alle prime armi e non ho alcuna capacità di insegnare meditazione.
Posso semmai insegnare qualche pratica di rilassamento, di riscaldamento del corpo, di pulizia del corpo e concentrazione del pensiero.
Ho superato una crisi nel mio rapporto con la pratica?
La pratica non rispondeva più alle mie aspettative?
La prima crisi nella conoscenza dello Yoga è stata quando ho dovuto separare la pratica dall’insegnante.
Ho sempre grande ammirazione verso le persone che mi insegnano Yoga e ritengo sia sana. Sono dipendente da una figura di riferimento stabile e nello Yoga come nel resto della vita, ho dovuto separare la figura dell’insegnante, o maestr*, dalla pratica in se. Questa difficoltà compare ogni volta che lascio un corso/insegnante.
Ho verificato i miei limiti di relazione con l’insegnante. Ho riscontrato gli equivoci che si possono verificare senza un rapporto corretto tra insegnante ed allievo. Il loro incoraggiamento è sempre molto propulsivo per la pratica quotidiana.
Un fraintendimento o differenza di sensibilità con l’insegnante può interferire negativamente con la mia pratica. Purtroppo non ho un sistema per superare questa crisi.
La seconda crisi è stata quella di separare il dolore fisico dalla pratica dello Yoga
Ho avuto un lungo stop alla pratica delle asana dovuto a dolori:
– della schiena in zona lombare dovuto al fatto che sollevavo grossi pesi con la posizione scorretta.
– alla spalla destra dovuto a lavoro a computer (uso continuo del mouse).
– nel collo e nella parte alta della schiena per posizione protratta in avanti.
Durante questi periodi ho dovuto interrompere la parte più divertente della pratica, quella di frequenza delle lezioni settimanali. Piano piano i problemi si sono ridimensionati ma ho trovato alcune riflessioni interessanti per superare questo tipo di crisi:
– la maggior parte delle volte i dolori sono effetto di un movimento scorretto, frettoloso fatto senza scaldarsi, senza respirare correttamente. Questo significa che se impariamo una posizione o un movimento siamo portati a credere che questo movimento o posizione sia innocuo e lo facciamo anche nel momento sbagliato (es appena svegli, dopo una prolungata seduta)
– è stato utile imparare a percepire il preavviso di questo dolore quando è ancora possibile essere prudenti, fare respirazione mirata.
– è utile riconoscere il momento in cui stiamo per usare il corpo in maniera scorretta facendo i più normali movimenti
– durante il dolore acuto non è possibile trarre lo stesso beneficio che si ottiene in una pratica effettuata in condizioni normali.