Cosa ti ha colpito nelle lezioni di asana del Maestro Di Furia in questi due anni
Appena cominciata la prima lezione osservo il Maestro, vedo una persona che si muove come Zatoichi della serie telefilm giapponese, cammina con fare dondolante, non capisco se è trafitta da dolori alle gambe o se è una andatura studiata. Mi colpisce.
E’ un’andatura studiata e trasmette allegria, ho letto da qualche parte che Budda camminava ciondolando e mi ero immaginato qualcosa del genere, questo ricordo mi balena, mentre lui si siede con attenzione in due tre passaggi su nocche delle mani, ginocchia natiche e aggiustaggi vari, ed esordisce dicendo “io do sempre per scontato che la gente sappia sedersi”.
Ci fa delle domande come se non gli interessasse di quello che rispondiamo nel merito ma ci punzecchia e demolisce il nostro impaurito ego mentre tentenniamo i motivi che ci portano li davanti a lui.
A chi dice di aver fatto hatha yoga, risponde per inciso che non significa nulla, invitandolo subito a continuare.
A chi vaneggia dicendo di aver fatto tutte le lezioni di prova nelle palestre e di ritenere meglio un corso istruttori per conoscere la materia dal punto di vista della didattica degli insegnanti sorride apertamente come per intendere che non troverà nulla.
Mi alzo alla fine della chiaccherata (non finisce più questa chiaccherata filosofica? sembra rivolta a spiriti sopiti che non si sono mai posti domande, io non sono tra loro, le domande le ho lasciate da parte da tempo e sto cominciando a scegliere le risposte provandole tutte..) e guardandomi mi chiede: sei marzialista?
Mi ha beccato. Simpaticissimo questo arzillo Maestro paffuto dalla voce morbida!
Questo è ciò che più mi ha colpito da subito ma non è finita qui.
Comincia da quel giorno un insieme di lezioni di asana stimolanti per la completezza filosofica, per la praticità e concretezza dell’atteggiamento durante la guida.
Ed ora devo fare un compito su cosa mi ha colpito delle Sue lezioni. Per fortuna da ora in poi posso essere sintetico perchè l’A4 obbligatorio ormai è fatto:
Cosa mi ha colpito dei due anni di ASANA :
1- la preparazione delle posizioni (pochissime rispetto a come ero abituato) cioè il progetto dichiarato all’inizio della lezione. Sto adottando questo sistema nelle mie lezioni e vedo che costituisce un elemento fondamentale per unire diversi livelli e mettere in chiaro alcuni elementi semplici di concentrazione e creare un filo conduttore di interesse rivolto a tutti.
2- la lentezza dei movimenti, cioè la ricerca non solo della semplice sincronizzazione col respiro (comunque non facile) ma anche della microsensibilità e attenzione che deriva dalla lentezza. Sto adottando questo sistema nelle mie lezioni per uscire dalla tendenza performativa in cui tutti cadono se si parla di yoga. Questo aiuta anche a porre l’accento sul rispetto del corpo e sulla non auto-violenza
3- l’inaspettata figura della cavia che viene messa volutamente al centro dell’attenzione con battute sottili che indicano i limiti nell’esecuzione, con continue richieste di ripetere, con atteggiamento a volte bonario e finto autoritario: durante l’errore esclama sorridendo: NO!. Non si tratta dunque della semplice dimostrazione, qualcuno che ‘lo sa fare’ e finisce li. Ma della certezza che vedendo il movimento reale della cavia tutti possono imparare ad evitare l’errore. Non adotto questo sistema perchè non sono capace di svolgerlo correttamente e la possibilità di ‘ferire’ la cavia è sempre in agguato (credo tra l’altro che qualcuna fosse visibilmente imbarazzata di assumere questo ruolo).
4- le lunghe digressioni filosofiche durante la spiegazione della teoria. Non adotto questo sistema per mancanza di cultura personale.
5- l’utilizzo di una piccolissima parte del tempo (forse tre intervalli di 5 minuti in due anni) per promuovere i propri seminari al di fuori del perimetro del corso: interessante in quanto tale promozione non viene fatta in modo seducente ma in modo informativo e sottointeso. A questo proposito mi ha colpito la richiesta esplicita di continuità che fa ai suoi allievi nel seguire il corso, tramite la frase se vuoi vieni sempre altrimenti non venire (o qualcosa del genere), ad indicare che seguire in modo frammentario non solo ha poca utilità per l’allievo ma rappresenta un ‘disturbo’ per tutta la classe. Non seguirò questo metodo, in linea con la pedagogia tradizionale (l’allievo corteggia il maestro che lo accetta solo se lo vede deciso e convinto se pur rispettoso) ma cercherò con semplicità di sedurre l’allievo pur non facendo leva sulle sue aspettative errate. Accetterò anche allievi discontinui ritenendo questa una situazione in cui mettere a frutto la mia competenza e in cui porre come base solo il principio di accoglienza.
6- il significato dei compiti a casa che consistono quasi sempre nella trascrizione dei concetti esposti (il fine è di fissare e far emergere domande) o delle impressioni, opinioni e proiezioni (il fine è avere un feedback oltre che dare una possibilità espressiva a tutti, pur senza appesantire la lezione con interventi personali). Questo porta chiarezza nel ricordare/interpretare i contenuti trattati. Adotterò in futuro questo principio.
7- il saluto al sole con una sequenza che ammorbidisce e dispone le spalle prima di usarle, una variante che non avevo mai visto e della quale ho sempre dimenticato di domandare origine e stile. Lo pratico insieme agli altri stili di saluto al sole che conosco e lo voglio usare all’interno delle mie lezioni.
8- la voce narrante/guida durante il lungo (rispetto alle mie esperienze precedenti) rilassamento finale. Non la apprezzo ancora per intero, rappresenta una distrazione o uno stimolo a fare domande, e non gradisco tenermi echi di domande non mie, non spontanee. Non adotterò questo sistema, per il momento.